Il programma di SAL per il Veneto
Premessa
Le contraddizioni della nostra epoca – dal tema del rapporto con la natura, agli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, alla questione della globalizzazione dell’economia, ai temi sociali, all’estendersi dei conflitti bellici, alla tragedia dei profughi – sono tanto radicali da richiedere risposte all’altezza di queste grandi sfide. La pandemia mondiale del Coronavirus ha reso evidenti gli esiti devastanti delle politiche liberiste, dell’impatto che queste hanno avuto ed hanno sul sistema del Welfare e sulla sanità in particolare e sull’ambiente, ed è del tutto evidente che le responsabilità accomunano centrodestra e centrosinistra, sia a livello dei governi nazionali e regionali sia in Europa. Nel nostro paese, con gradazioni diverse, comunque il Covid 19 ha avuto un impatto devastante anche a seguito dei tagli fatti alla sanità in generale ma, in particolare, nei settori della prevenzione, rincorrendo la logica di una gestione aziendalistica.
Gli impatti sistemici sull’economia globale, sugli equilibri geopolitici, non saranno di breve periodo, ma parimenti è andata crescendo nelle popolazioni, più che nelle istituzioni e nei partiti politici, la consapevolezza delle minacce che sono insite nella alterazione degli equilibri naturali.
La nostra proposta programmatica nasce dalla certezza che niente potrà e dovrà essere come prima. È necessaria una rottura del modello sociale ed economico del Veneto che non è in grado di affrontare le sfide del futuro, da quelle imposte dai cambiamenti climatici e dai disastri ambientali che minacciano il nostro presente e ancor più il nostro futuro, e comunque vede in fortissima crisi proprio i suoi assets fondamentali: il turismo e le esportazioni.
Il blocco di interessi dominanti, che ruota attorno a confindustria e alle principali categorie economiche, per la rappresentanza del quale si battono centrodestra e centrosinistra, con scarso successo per i secondi, ha già posto le sue condizioni. Ha chiesto il via libera immediato a tutti i progetti di grandi opere e la libertà di licenziamento per agevolare la ristrutturazione delle imprese nel nuovo quadro competitivo, e ha messo le mani sul piatto dei fondi già stanziati dal governo e su quelli che verranno dall’Unione europea. Il tutto naturalmente condito dalla vulgata liberista della centralità del mercato e dell’impresa.
Oggi il capitalismo è nella sostanza, dal punto di vista delle sue basi economiche fondanti, già finito nei fatti. Dalla crisi del 2008, è ormai evidente che nella sostanza la sua sopravvivenza si basa sul sostegno delle banche centrali, degli stati, sull’intervento pubblico. Resta l’involucro ideologico e la materialità del blocco di interessi dominanti che mira a riprodursi.
Questo è per noi un punto fondamentale, il cuore dello scontro politico. Il perno dell’intervento pubblico necessario deve ruotare attorno alle priorità di una economia solidale volta alla risposta ai bisogni sociali, alla riconversione delle produzioni, alla valorizzazione del lavoro, alla lotta ai cambiamenti climatici.
Gli assi portanti dell’intervento pubblico, la destinazione prevalente delle risorse pubbliche deve riguardare in primo luogo quei settori che negli anni sono stati sottoposti a pesanti tagli in nome delle politiche di austerità imposte dai trattati europei e indifferentemente perseguite dai governi di centrodestra e di centrosinistra che si sono succeduti.
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