Nella nostra regione lavorare è diventato sempre più difficile. Questa situazione è il risultato di molteplici fattori: chiusura delle attività produttive; delocalizzazione all’estero delle produzioni industriali per la rincorsa a un costo del lavoro sempre più basso; espulsione dal mondo del lavoro di lavoratrici e lavoratori considerati “esuberi”; ricorso sempre più massiccio a inaccettabili forme di lavoro flessibile e precario; diminuzione della sicurezza nei luoghi di lavoro anche a causa della rincorsa alla diminuzione dei costi e dei controlli; trasferimento di ingenti capitali dalla produzione industriale alla speculazione finanziaria e immobiliare.
La Regione non solo può, ma deve intervenire per garantire il diritto al lavoro. Non si tratta di appropriarsi di competenze non previste, si tratta di attuare la Costituzione e agire per uno sviluppo che garantisca un lavoro stabile, sicuro e giustamente retribuito.
Ci assumiamo questi impegni:
1. la Regione deve assumere un ruolo attivo nelle scelte di programmazione della formazione, della ricerca, degli indirizzi di sviluppo economico e industriale.
2. Una chiara, seria e costante lotta alla precarizzazione del lavoro. A questo proposito riteniamo che la Regione debba chiedere al governo la cancellazione delle norme che favoriscono e rendono meno costoso il ricorso al lavoro precario o poco garantito. A tutti i cittadini devono essere garantiti dalle Istituzioni nazionali e locali i medesimi diritti inalienabili al lavoro, a una giusta retribuzione, alla salute, al sapere, alla pensione. Riteniamo ingiuste e inapplicabili le gabbie salariali.
3. Impedire che lo smisurato arricchimento che si ottiene con la speculazione finanziaria e immobiliare sia causa della perdita di lavoro. A tal fine, e come prima misura concretamente attuabile, proponiamo che le aree industriali dismesse vengano vincolate, in una maniera automatica, a interesse pubblico e sociale.
4. Contrastare efficacemente la delocalizzazione che quasi sempre significa esportare sfruttamento e importare disoccupazione. Si devono prevedere meccanismi che obblighino le imprese che delocalizzano a restituire allo Stato e alle amministrazioni pubbliche i finanziamenti ottenuti (anche quelli ottenuti in forma di agevolazione fiscale o altro).
5. Assieme alle forze sociali e di categoria della regione, indicare una seria politica di sviluppo industriale e individuare i settori ritenuti strategici. Su questi e per il loro sviluppo saranno concentrati gli investimenti per la ricerca e l’innovazione. La finanza necessaria potrà essere reperita dalla tassazione della rendita speculativa e finanziaria, da una inflessibile (e incorruttibile) lotta all’evasione fiscale, dall’utilizzo alternativo di parte delle risorse destinate a settori non produttivi (quale ad esempio quello militare). La Regione può (e deve) dare il proprio contributo di conoscenza e consulenza agli uffici erariali preposti, incrociando i propri dati con quelli dell’agenzia delle entrate.
6. Dichiarare “aree di crisi” tutte quelle colpite dalla chiusura degli stabilimenti produttivi e dalla delocalizzazione. In queste aree dovranno essere concentrati gli sforzi politici, economici e finanziari necessari per il rilancio industriale e produttivo. Molto spesso la ricerca e l’innovazione non vogliono dire nuove mirabolanti invenzioni, ma il riutilizzo dell’esperienza, l’asservimento della tecnologia alla creatività, l’applicazione di nuove forme di produzione, di organizzazione e di democrazia nei luoghi di lavoro che permetta ai lavoratori di partecipare alle scelte dello sviluppo industriale.
7. La formazione promossa dalla Regione deve essere gratuita, continua e deve garantire al lavoratore e a chi cerca lavoro un’adeguata preparazione che permetta la propria crescita professionale, umana e sociale così come richiesto dalla Costituzione. La Regione deve impegnarsi a controllare e verificare la reale valenza dei corsi e delle politiche di formazione ad oggi sviluppati.
Crediamo che un particolare impegno debba essere indirizzato per sviluppare una ferma e severa azione che possa contrastare efficacemente la piaga degli incidenti nei luoghi di lavoro. In questa direzione crediamo che sia ormai indispensabile che tutte le istituzioni locali (e non solo il governo centrale) si facciano carico di risolvere quella che è, non per fatalità, una vera e propria tragedia nazionale che ogni anno provoca migliaia di vittime. La Regione deve farsi carico del problema e diventare protagonista nel coordinare il lavoro di ispezione, prevenzione e repressione degli illeciti nel campo della sicurezza del lavoro, attivando tutti i canali utili. Vanno ricercate, trovate e messe a bilancio le risorse economiche necessarie a rendere efficace ed efficiente la lotta per la sicurezza nei luoghi di lavoro. Si deve prevedere e attuare un aumento adeguato del personale ispettivo.
