Agricoltura

Le straordinarie capacità di trasformazione del nostro ambiente raggiunte dall’umanità, hanno prodotto inquinamento dell’aria, dell’acqua e dei suoli, estinzione di specie animali e vegetali, sconvolgimenti del clima, a dimensione globale. L’entità delle emissioni di anidride carbonica immessa nell’atmosfera dalle attività umane, supera da tempo la capacità del mondo vegetale (fotosintesi) di assorbirla, per cui si è generato un accumulo con crescente concentrazione che ha destabilizzato il clima del pianeta. In questo panorama desolante, il contributo dell’agricoltura al riscaldamento globale, al degrado dell’ambiente e della salute non è affatto trascurabile. L’agricoltura industriale contribuisce per il 24% all’emissione di gas climalteranti; l’impiego di fertilizzanti e pesticidi (134.000 t/anno di pesticidi sui suoli agricoli italiani), è causa di desertificazione, perdita di humus e biodiversità, alterazione degli ecosistemi, inquinamento delle acque e dei suoli e gravi rischi per la salute umana.

Il modello dell’agricoltura industriale è ormai riconosciuto fallimentare dalla stessa FAO, visto che ancor oggi oltre 800 milioni di persone soffrono la fame, 1/3 del cibo prodotto viene sprecato e crescono obesità e malattie dovute all’inquinamento da pesticidi. L’intero settore agricolo è sotto il controllo di un ristretto numero di multinazionali, concentrate nei paesi più ricchi che dettano legge stabilendo cosa e come deve essere coltivato, che detengono brevetti su farmaci, sementi e prodotti chimici per la loro coltivazione.

In questo quadro disastroso, il VENETO si colloca al primo posto in Italia nel consumo di suolo agricolo: 923 ettari in 12 mesi (aree industriali, strade, ecc.).

L’Italia consuma circa il 30% dei pesticidi usati in Europa ed il Veneto è la regione che ne consuma di più, seguita dall’Emilia Romagna. Per questo motivo, l’ISPRA ha trovato che le acque della Pianura Padana sono le più inquinate da pesticidi e diserbanti d’Italia, più del 60% delle acque superficiali e più del 30% delle acque di falda, trovando nell’insieme dei campioni più di 220 principi attivi diversi. La viticoltura nel Veneto è arrivata a circa centomila ettari, una grande monocoltura che copre buona parte della fascia collinare e parte della pianura, spingendosi fino ad alcune aree di montagna. Tutto questo ha provocato perdita di biodiversità, una specializzazione delle infestanti, dei funghi, degli insetti e dei virus con conseguente aumento di pesticidi impiegati. Il mercato stesso sta penalizzando un eccesso di produzione di vino nella nostra regione dovuto a politiche sbagliate che hanno incentivato, finanziando con milioni di euro per anni, i nuovi impianti di vigneti e costruzione o ristrutturazione delle cantine.

Il Veneto – al primo posto in Italia nell’allevamento intensivo degli avicoli (circa il 45% della produzione, e la sola provincia di Verona ne produce il 50%) – è al primo posto negli allevamenti di acquacoltura, al terzo posto dopo Lombardia e Piemonte nell’allevamento intensivo di bovini, e al quarto posto nell’allevamento dei maiali. E’ facile capire come una concentrazione così forte di animali comporti gravi rischi di malattie per gli stessi animali, ma anche di possibili salti di specie e quindi di pericolo per l’uomo, oltre a favorire perdita di biodiversità perchè si devono coltivare e importare molti cereali e soia per la loro alimentazione, provocando inoltre inquinamento delle falde per eccesso di liquami. La FAO ha stimato che il 18% delle emissioni di CO2 nell’atmosfera è costituito dai gas derivanti dagli allevamenti intensivi, superando persino le emissioni dei trasporti (13,5%).

Proponiamo che i fondi UE, attraverso i Piani di Sviluppo Rurale e la PAC, vadano a finanziare la diversificazione colturale, e non le monocolture, per aumentare la biodiversità, realizzando siepi e boschi in pianura e in collina, che sia favorita la conversione delle aziende agricole all’Agricoltura Biologica, che l’allevamento degli animali metta al primo posto il loro benessere e che possano usare pascoli all’aperto, che non si possano usare anche negli allevamenti convenzionali materie prime OGM, che il costo della certificazione delle aziende Bio sia sostenuto da una ecotassa sui pesticidi, che nelle mense pubbliche di ospedali, scuole e case di riposo si somministri solo cibo biologico, che sia favorita la vendita diretta nelle aziende agricole e la nascita dei mercati contadini, che si applichi un unico regolamento rurale regionale sull’uso dei pesticidi che vada ad eliminare i diserbanti e i principi attivi con le fasi di rischio più pericolose per l’uomo e l’ambiente, e che sia vietata la deriva nei confronti di case, strade, parchi gioco, scuole e le altre aziende agricole, applicando il principio “chi inquina paga”, con sanzioni non solo economiche ma anche penali. Molte delle proposte elencate sono inserite in un programma che la Commissione Europea ha adottato il 20 maggio scorso per arrestare la perdita di biodiversità animale e vegetale e per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente: “Dal Produttore al Consumatore”, in inglese “Farm to Fork”.

TORNA AL PROGRAMMA